lunedì 20 dicembre 2010

La Finanziaria: un massacro per scuola, università e ricerca


Gian Carlo Sacchi


Un voto, un libro, un maestro, lo slogan che ha guidato Tremonti nel ridurre ai minimi termini scuola,università e ricerca, sul quale la Gelmini ha costruito i castelli di carta delle riforme che cercano di recuperare il mal tolto attraverso procedure di selezione meritocratica: il grosso delle risorse è andato a finanziare tutt’altro, qualche briciola potrebbe ritornare se il sistema, sull’orlo del collasso, saprà fare qualità e i docenti e i ricercatori acquisiranno maggiori meriti.
La ricerca OCSE documenta, com’è noto a tutti, che già nel 2007 l’Italia era all’ultimo posto dei Paesi aderenti per la spesa nell’istruzione sul totale della spesa pubblica e si è continuato nei tagli contrariamente ad altri Paesi europei che con i saperi e lo sviluppo di competenze hanno fronteggiato la crisi.
L’Italia non cresce, la spesa pubblica non cala, ciascuno affronta le difficoltà economiche come può, meglio se dispone di un doppio fondo frutto di evasione fiscale o di privilegi che il governo si è ben guardato dal contrastare; andare a scuola e all’università è sempre di più a carico delle famiglie e la ricerca è da sola a caccia di risorse. Di fronte ad un mercato del lavoro disastroso Sacconi vuole rilanciare l’apprendistato lasciandolo nelle mani delle aziende, mentre Tremonti pensa alla formazione attraverso la televisione, perché i figli dei ricchi imparano l’inglese viaggiando: e gli altri ? (Cortina d’Ampezzo settembre 2010) Cosa che ricorda tanto le tre i di berlusconiana memoria.
Da buon prestigiatore il ministro dell’economia ha centralizzato tutte le leve del finanziamento diretto, compreso il controllo sul patto di stabilità per regioni ed enti locali, e a sua discrezione fa riemergere risorse contando anche su impegni assunti in passato ai quali non hanno mai corrisposto effettive erogazioni.
Insomma nella legge di stabilità si va sempre più giù, anche per trasferire il meno possibile quando sarà il momento dell’entrata in vigore del federalismo fiscale, lasciando così a regioni ed enti locali di aumentare direttamente le entrate se si vuole far fronte a maggiori richieste di servizi, mentre qualcosa semmai spunta con l’ormai famoso decreto mille proroghe, che oggi costituisce la finanziaria compensativa.
Un ulteriore calo del 10% uguale per tutti i ministeri, oltre all’introduzione di norme di flessibilità circa le modalità di gestione dei capitoli di bilancio.
Le spese per il personale dell’area MIUR nel 2011 incideranno sul bilancio dello stato per il 9,9% a fronte del 10,3% del 2010. Una diminuzione si registra sia nella spesa corrente, sia di investimenti.

SCUOLA

In calo tutti i capitoli tradizionali: dalla scuola dell’infanzia (- 123,3 ml), alla primaria (- 780,1 ml), secondaria di primo grado (- 208,3 ml), di secondo grado (- 841,6 ml). Istruzione post-secondaria e degli adulti (- 7,8 ml); spesa per le strutture ministeriali centrali e periferiche (- 662 ml).
Gli unici capitoli in aumento sono quello dedicato alle iniziative per lo sviluppo del sistema scolastico (riforme ?) ed uno di nuova istituzione relativo alle “politiche di ambito territoriale”: in tutto circa 250 ml di euro.
Anche i finanziamenti per le scuole non statali sono strutturalmente in calo (- 129 ml).
Non si può sostenere dunque che le classi a tempo pieno siano aumentate senza vedere che il recupero della coppia di docenti avviene per effetto dell’abolizione dell’impianto modulare e che non di rado il tempo scuola risulti soltanto un contenitore formato da tanti residui: magari al mattino un solo docente e molti per tappare i buchi pomeridiani.
C’è stato un leggero aumento del fondo per il funzionamento che resta comunque ancora largamente inferiore alla situazione debitoria.
Per la ricerca in campo scolastico – 71 ml ed anche INVALSI e ANSAS si sono visti 1 ml di meno (qui, dove doveva svilupparsi il sistema nazionale di valutazione e di supporto all’innovazione ed alla formazione del personale). Decremento del fondo per l’offerta formativa e gli interventi perequativi e per la cooperazione internazionale; stabile quello per i dirigenti scolastici per far fronte agli obblighi contrattuali.
La carriera del personale non progredisce per tre anni e gli scatti di anzianità, solo per quest’anno, dovrebbero essere ripristinati per effetto del tanto sbandierato 30% per il merito, al quale sembra andranno sottratti altri soldi per far fronte alla “clausula di salvaguardia” (in quanto le spese ministeriali sono andate oltre il consentito), per ridursi, così come stimato da Tuttoscuola, al 5%.
Si tratta di capire se gli scatti verranno restituiti anche per i prossimi anni o questo meccanismo servirà ad introdurre la selezione meritocratica.
Sono infine diminuiti di 84,2 ml i fondi del ministero dell’Interno per le borse di studio nella scuola dell’obbligo e tolti quelli relativi alle quote a carico dello stato per i libro di testo.
Con il patto di stabilità a rischio ci sono le così dette provvidenze per l’accesso: trasporti, mense e assegni di studio.


UNIVERSITA’

Anche per l’università siamo gli ultimi in Europa per investimenti (0,8 sul PIL, media europea 1,3) . In tre anni la riduzione dei finanziamenti è stata del 20%. Anche per gli studenti universitari il diritto allo studio è calato da 246 ml nel 2009 a 26 nel 2011/12. Prima dei tagli gli studenti coperti da borse di studio erano 150.000; in Francia 525.000, in Germania 510.000.
I costi dell’università sono troppo elevati per le famiglie e da qui un calo del 14% negli ultimi sei anni. Aumentano gli studenti italiani che vanno a studiare all’esterno e diminuiscono gli stranieri che vengono da noi. In Italia solo il 10% dei laureati è figlio di genitori non diplomati, in Gran Bretagna sono il 40%, in Francia il 35%.
Da noi c’è un docente ogni 21,4 studenti, mentre la media internazionale è di 15,8; con il taglio delle risorse i professori diminuiscono ulteriormente e sono più precari (nella discussione sulla riforma è stato cassato l’emendamento del PD per la messa a disposizione di 1500 posti, derivati dai pensionamenti, in sei anni).
Il ministro Tremonti restituisce solo una parte dei tagli. Con il decreto fiscale del 2008 sono stati infatti sottratti 1400 ml di euro creando così una vera e propria emergenza finanziaria, forse utile all’approvazione della riforma, e nei prossimi anni magari i blocchi economici e di carriera potranno essere tolti previa valutazione.
Lo stanziamento per il fondo di funzionamento ordinario ha subìto una riduzione di 276 ml rispetto al 2010; l’annunciata entrata di 800 ml non va infatti a compensare le diminuzioni avvenute in precedenza compresi i contributi integrativi erogati dall’allora ministro Padoa Schioppa (550 ml). I predetti 800 ml dovrebbero anche comprendere le spese per i concorsi a professore associato.
Per raggiungere l’equilibrio di bilancio, evitando così il dissesto finanziario, vengono lasciati agli atenei i soldi derivanti dal blocco degli scatti di anzianità.
Le incertezze sono ancora molte relativamente alla copertura finanziaria della riforma Gelmini, in quanto oltre ad avere numerosi provvedimenti delegati è legata al buon cuore del predetto milleproroghe e Tremonti in questi ultimi mesi su questo tema ha fatto sentire tutto il suo peso.

RICERCA

La vera emergenza italiana è la ricerca, che si lega con l’università e insieme costituiscono il motore per la crescita economica e produttiva. Su di essa, come si è detto, hanno puntato gli altri Paesi per uscire dalla crisi, e nessuno di loro in Europa ha diminuito gli investimenti nel settore.
Da noi invece non solo i tagli (- 15/20%), ma commissariamenti agli enti con funzionari ministeriali e quindi sottrazione di autonomia che significa anche risultati e progresso.
I fondi bastano a malapena per il pagamento del personale, nessun margine per spese di investimento anche là dove le infrastrutture sono indispensabili per la ricerca stessa.
La comunità scientifica non è stata coinvolta nella stesura dei nuovi statuti degli enti, ma il ministro Gelmini tira diritto: niente nuovi investimenti nella ricerca, sostanziale riduzione effettiva delle risorse; il tutto accompagnato, come si è detto, da un interventismo ministeriale nel controllo delle attività in corso e di quelle future, a partire dai predetti statuti. La teorizzazione della gestione duale degli enti (così come assomiglia a quella delle università) esprime la volontà di controllo da parte del ministero: il direttore generale risponde a quest’ultimo, mentre il presidente ha solo un ruolo di rappresentanza della comunità scientifica, con responsabilità di indirizzo.
Tutto questo senza che si sia pervenuti a nessuna azione di valutazione. Sono ferme le agenzie valutative sia negli enti di ricerca che nelle università, ma questo non impedisce pesanti interventi sui loro bilanci.